E' stato uno degli slogan scanditi ieri a Torino durante la
manifestazione in memoria delle vittime del rogo alla Thyssen e contro
le cosiddette morti bianche. In pieno stile Italia di fronte alle
morti annunciate, per un giorno si sono spente le luci di Natale, si
sono abbassate le serrande di molti negozi, si sono celebrate messe,
si è portato il lutto al braccio. Ma cosa cambierà domani? Ora
politici ed imprenditori d'un tratto sembrano accorgersi che si può
morire anche sul lavoro, che le misure di sicurezza sono fin troppo
spesso inadeguate, che in gioco non c'è soltanto la vita delle
aziende, ma anche quella di donne e di uomini! Quanto durerà questa
consapevolezza, se davvero di consapevolezza si tratta? Eppure il
Nostro Presidente della Repubblica Napolitano, fin dai primi giorni
del suo mandato non ha mai mancato di intervenire e sottolineare con
grande saggezza e lungimiranza l'urgenza di porre fine a quella che
dai numeri ha tutte le connotazioni di un'autentica strage. Chi l'ha
ascoltato? Non posso fare a meno di chiedermi, forse non sono l'unico,
a che servano oggi i buoni propositi di inasprire i provvedimenti
legislativi in materia di sicurezza, quando si fatica enormemente, in
buona o in cattiva fede, a far rispettare quelli vigenti.
Forse che morire sul lavoro, lo dico provocatoriamente da cittadino
incazzato, è da considerarsi uno spiacevole danno collaterale o un
tributo da pagare alla crescita economica?
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